Per chi non ha tempo: sintesi del Libro Bianco

Allo scopo di favorire la trasformazione digitale, questo libro bianco, frutto del lavoro dell’Agenzia per l’Italia Digitale con una task force di esperti, si prefigge di analizzare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale nella nostra società e, più nello specifico, nella Pubblica amministrazione. L’obiettivo è facilitare l’adozione di queste tecnologie da parte dello Stato, per migliorare i servizi ai cittadini e alle imprese, dando così un impulso decisivo all’innovazione, al buon funzionamento dell’economia e, più in generale, al progresso nella vita quotidiana.

L’Intelligenza Artificiale, oggi, può guidare al posto nostro, prendersi cura delle persone anziane o malate, svolgere lavori pericolosi o usuranti, aiutarci a prendere decisioni ponderate, basate sulla gestione razionale di grandi moli di dati. Ci può permettere di comunicare in lingue che non conosciamo, può seguirci nello studio e aumentare le esperienze culturali o di intrattenimento a nostra disposizione. Nella Pubblica amministrazione può essere utilizzata con profitto nel sistema sanitario, scolastico, giudiziario, nel pubblico impiego, nella sicurezza e, più in generale, nella gestione delle relazioni coi cittadini, che possono venire semplificate e rese allo stesso tempo più efficaci, veloci ed efficienti.

Per raggiungere questi obiettivi, è necessario innanzitutto capire cosa si intende per “Intelligenza Artificiale”, da un punto di vista teorico e tecnico. Così facendo, se ne possono comprendere le opportunità ed anche i limiti, nonché gli ambiti di applicazione più immediati ed efficaci. Queste riflessioni vengono portate avanti con un’attenzione particolare verso gli strumenti che già oggi possono avere effetti benefici sul lavoro della Pubblica amministrazione, come i chatbot che rispondono alle domande dei cittadini, aiutandoli nella ricerca di informazioni o nello svolgimento delle pratiche, oppure i robot che si prendono cura dei malati, gli algoritmi che leggono i risultati degli esami medici, quelli che seguono il percorso scolastico degli studenti e li aiutano a migliorare la loro preparazione, i mezzi per il monitoraggio e la gestione delle carriere, quelli per la sorveglianza dei luoghi pubblici o per il riconoscimento di minacce in rete, gli strumenti per la gestione razionale dei problemi generati dalle catastrofi naturali e molti altri ancora.

Prima della corretta implementazione di queste tecnologie bisogna valutare le diverse sfide che è necessario affrontare, per integrare l’Intelligenza Artificiale in maniera proficua. Innanzitutto il problema etico (la sfida Etica), che è alla base di ogni altra riflessione in questo campo. Va affermato con forza il principio antropocentrico, secondo cui l’Intelligenza Artificiale deve essere sempre messa al servizio delle persone e non viceversa. Inoltre bisogna formulare diversi principi generali di equità con la necessità di soddisfare, per mezzo di queste nuove tecnologie, alcuni bisogni universali come il rispetto delle libertà e dei principali diritti individuali e collettivi. Più nello specifico, nell’ambito dell’etica alcuni problemi sono sollevati dal funzionamento dell’Intelligenza Artificiale, vale a dire quelli della qualità e della neutralità dei dati, della responsabilità di chi utilizza gli algoritmi, della trasparenza e dell’apertura di questi ultimi, nonché della tutela della privacy. L’obiettivo è mostrare come un uso scorretto delle tecnologie a nostra disposizione possa contribuire allo sviluppo di una società più ingiusta che alimenta le disuguaglianze, mentre la consapevolezza dei rischi che si corrono, nell’affidarsi alle macchine “intelligenti”, può aiutarci a minimizzare questi ultimi e a progettare un mondo migliore.

La seconda sfida che viene affrontata è quella tecnologica: l’Intelligenza Artificiale non è ancora in grado di riprodurre il funzionamento complesso della mente umana, ma solo alcune sue capacità circoscritte. Uno degli obiettivi è dunque quello di rendere queste tecnologie un po’ più simili al nostro modo di relazionarci col mondo, pur essendo qualcosa ancora da costruire. Nell’immediato si lavora sui concetti di personalizzazione e adattività, per fare in modo che i dati e gli algoritmi a nostra disposizione siano sempre più efficaci nel permetterci di operare individualmente in alcuni specifici ambiti della nostra vita quotidiana che, in questo libro bianco, sono ancora una volta strettamente legati al lavoro della Pubblica amministrazione (oltre ai settori già segnalati sopra, vengono messi a fuoco quello tributario, della mobilità e dei trasporti).

Si passa quindi al tema, fondamentale, delle competenze che è necessario sviluppare nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale e lo si fa da due punti di vista: quello dei cittadini e quello del personale della Pubblica amministrazione. Per i primi, è necessario innanzitutto capire come funzionano gli algoritmi e le basi di dati su cui questi ultimi operano, per inserirsi come lavoratori nel settore informatico che produce questo genere di applicazioni. Ma anche per chi intende impegnarsi in altri settori, sarà necessario sapersi muovere in ambiti che devolveranno sempre più alle macchine compiti che prima venivano svolti dalle persone (tipicamente, quelli più semplici e ripetitivi).. Infine, più semplicemente, in ogni momento della vita quotidiana sarà fondamentale capire come relazionarsi con le macchine stesse, per poter esercitare nella maniera migliore il proprio diritto di cittadinanza, in un mondo sempre più popolato da queste ultime. A tutte queste esigenze, lo Stato deve fornire delle risposte, sia approntando un sistema scolastico al passo coi tempi, sia favorendo la formazione permanente. Ma per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale che anche il personale dello Stato sia adeguatamente preparato. Non solo i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, quindi, ma più in generale chi lavora negli uffici della Pubblica Amministrazione dovrà essere in grado di capire quali strumenti di Intelligenza Artificiale integrare nei propri processi lavorativi e quali proporre ai cittadini. In questo senso, una Pubblica Amministrazione adeguatamente formata può divenire una vera e propria palestra di innovazione.

La quarta sfida è quella legata ai dati su cui si basano molti degli algoritmi di Intelligenza Artificiale. È necessario, innanzitutto, che questi siano di buona qualità, esenti il più possibile da bias (pregiudizi) dovuti a errori nella loro generazione, quando devono essere “annotati” dagli esseri umani, per insegnare alle macchine come interpretarli. Per questo è importante che si creino le migliori condizioni, soprattutto organizzative, nei contesti in cui i dati stessi vengono prodotti. C’è poi il problema di quelli che provengono dalla Internet of Things, oggetti e sensori che, pur essendo collegati gli uni con gli altri, sono frammentati, eterogenei e poco interoperabili. Inoltre, ci sono i cosiddetti linked open data degli enti pubblici, una vera e propria miniera di informazioni che sarebbero utilissime, per generare applicazioni di Intelligenza Artificiale al servizio dei cittadini, ma che prima devono essere recuperate e filtrate, per mezzo di tecnologie semantiche e ontologie condivise. Infine, proprio per questo genere di dati, si evidenzia l’esigenza di fare in modo che chiunque li voglia utilizzare vi possa avere un accesso paritario e non discriminatorio.

La quinta sfida è quella legale, incentrata - come sempre accade quando si tratta di disciplinare l’attività della Pubblica amministrazione - sul bilanciamento tra gli interessi della collettività e quelli dell’individuo. A questo proposito, per esempio, nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale è necessario contemperare il principio di trasparenza degli atti amministrativi o la protezione dei dati personali con il diritto alla privacy. Ma un altro problema è quello del rapporto tra la necessaria trasparenza del funzionamento degli algoritmi che prendono decisioni di rilevanza pubblica e la tutela del diritto d’autore di chi ha creato gli algoritmi stessi. Oppure, ancora, sempre nel caso in cui la Pubblica amministrazione si serva di programmi che l’aiutino a prendere decisioni, o che addirittura decidano autonomamente, è necessario affrontare il problema dell’accountability, ossia dell’effettiva responsabilità giuridica a monte. Tutte queste tematiche vengono affrontate, nel libro bianco, proponendo anche alcune soluzioni tecniche, del resto già raccomandate nel Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) che diverrà applicabile in tutti Paesi dell’UE a partire dal 25 maggio prossimo. In generale, comunque, i principi che devono essere seguiti sono quelli della trasparenza degli algoritmi e delle logiche di costruzione dei database su cui essi operano, la definizione delle correlate responsabilità di chi li utilizza e la necessità di evitare che l’utilizzo di dati da parte della Pubblica amministrazione generi un controllo sociale pervasivo, in contrasto con i diritti fondamentali del cittadino.

La sesta sfida è tutta in carico alla Pubblica amministrazione e consiste nelle azioni necessarie per accompagnare la trasformazione del Paese verso l’adozione dell’Intelligenza Artificiale, innanzitutto nella gestione del rapporto tra lo Stato, i cittadini e le imprese. Come anticipato nella sezione sulle competenze, nel libro bianco si sottolinea l’importanza di formare il personale pubblico, soprattutto i funzionari e i manager, alla comprensione del funzionamento, dei vantaggi e dei possibili problemi, etici e tecnici, legati a questo genere di tecnologie. Il principio di fondo è che l’Intelligenza Artificiale debba servire soprattutto per affiancare le persone e aiutarle a svolgere le loro attività, ma non per sostituirle. Si evidenzia poi l’importanza del coinvolgimento degli utenti finali in tutte le fasi del design dei servizi pubblici.

Quest’ultimo punto anticipa il tema della settima sfida: prevenire le disuguaglianze. L’Intelligenza Artificiale, infatti, deve essere accessibile a tutti, in modo che chiunque possa godere dei suoi vantaggi. Per questo, è necessario che sia di semplice e immediato utilizzo. D’altra parte, questo genere di tecnologia può ridurre le disuguaglianze sociali, come si è già visto per l’istruzione e la formazione, la sanità e la disabilità, la conoscenza e la garanzia dei diritti . Ma l’Intelligenza Artificiale può anche aumentare le disuguaglianze, se i dati di cui si nutre o gli algoritmi che la costituiscono sono affetti da bias (pregiudizi) di tipo discriminatorio. È dunque necessario che la Pubblica amministrazione usi grande cura nell’acquisire o nell’indirizzare lo sviluppo di questo tipo di soluzioni, al fine di garantire che siano inclusive, accessibili e trasparenti, che rispettino i requisiti imposti dalla legge, che non presentino, per l’appunto, profili discriminatori e che siano esenti da pregiudizi.

Al fine di verificare gli effettivi vantaggi derivanti dall’uso dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica amministrazione, l’ottava sfida riguarda la misurazione dell’impatto di questo genere di tecnologie. Questo problema viene affrontato, ancora una volta, da due punti di vista: quello del cittadino e quello delle Istituzioni. Nel primo caso, si ragiona nei termini del miglioramento della qualità della vita delle persone e della customer satisfaction, nel secondo si riflette sull’ottimizzazione dei processi organizzativi, in termini di efficienza ed efficacia. Su tutti e due i temi, comunque, si sottolinea che è necessario condurre ricerche sia quantitative sia qualitative, improntate alla multidisciplinarità, poiché l’impatto della tecnologia nell’esistenza degli individui e delle organizzazioni ha diverse sfaccettature, economiche e tecniche, ma anche sociali, culturali, psicologiche e antropologiche. Le misurazioni di tutte queste variabili non vengono generalmente condotte dalla Pubblica amministrazione con la necessaria frequenza, ma su un argomento delicato come l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nei meccanismi di funzionamento dello Stato, è necessario che queste pratiche vengano portate avanti con decisione.

L’ultima sfida, l’essere umano, è quella della costruzione del senso attorno all’Intelligenza Artificiale, intesa come la necessità di fare in modo che tutti, sia i cittadini, sia le Istituzioni, siano consapevoli del significato profondo che può assumere l’utilizzo di questi strumenti, dei loro vantaggi, ma anche dei loro problemi. A questo scopo, si propongono sperimentazioni nell’ambito del design, delle arti, della psicologia, dell’antropologia, della sociologia e, in generale, delle discipline umanistiche, che possono creare ponti tra ricerca, industria e società.

L’Intelligenza Artificiale è allo stesso tempo un’innovazione tecnologica e sociale, che può trasformare radicalmente il nostro mondo, sia nel bene, sia nel male. È necessario, quindi, accompagnarla con attenzione, governandola nella direzione che ci appare più giusta. Per questo, il libro bianco si conclude con un insieme di raccomandazioni che l’Agenzia per l’Italia Digitale, la Task force e la community che si è creata intorno ad essa, costituita da più di 500 fra esperti e cittadini, intendono condividere con i suoi lettori e con la cittadinanza, al fine di sollevare una discussione che non si deve fermare, ma che deve accompagnare da qui in avanti i processi di sviluppo, di ammodernamento e di miglioramento dello Stato e della nostra società.

BOX

Eudaimonia (gr. εὐδαιμονία, lett. “essere in compagnia di un buon demone”), come illustrato da Aristotele, definisce il benessere umano come la più alta virtù per una società. Eudaimonia può significare anche»prosperità», in quanto denota una condizione complessiva di benessere in cui l’essere umano percepisce i propri benefici a partire dalla contemplazione cosciente delle considerazioni etiche che ci aiutano a definire come desideriamo vivere.

Che il nostro sostrato etico sia occidentale (aristotelico, kantiano), orientale (scintoista, confuciano), africano (ubuntu) o riconducibile a una qualsiasi altra tradizione, creando sistemi autonomi e intelligenti che rispettino esplicitamente i diritti umani inalienabili e i valori culturali dei loro fruitori, è possibile dare la priorità all’aumento del benessere umano come parametro per il progresso nell”“età algoritmica”. Riconoscendo il potenziale di un approccio olistico, la prosperità dovrebbe in questo modo diventare più importante del perseguimento di obiettivi monodimensionali come l’aumento della produttività o la crescita del PIL di un Paese.